Perché il branded content renderà il vostro marchio indimenticabile
Branded content: cos’è?
E’ un’informazione pubblicitaria di nuova generazione, in poche parole un contenuto sponsorizzato “che non si vede” e incuriosisce, E’ un messaggio che intrattiene e piace. E’ il braccio destro dello storytelling (di cui abbiamo già detto qui) e vi spieghiamo perché.
Nasce dalla necessità di avvicinare il marchio al pubblico, attraverso una comunicazione nuova dei valori e uno storytelling, al limite tra l’intrattenimento e l’informazione.
Il contenuto di brand è poco legato al fattore continuità. In un certo senso si distingue dal content marketing che è una vera e propria strategia che l’azienda può mettere in campo a lungo termine.
Ecco perché, questi contenuti sponsorizzati, ma finemente inclusi nella storia, possono comparire a puntate, all’interno di uno specifico lancio o iniziativa di brand. Ecco perché a volte fanno parte di campagne sociali o particolari call temporanee, ma dalla grande risonanza.
Il fattore continuità pesa invece in alcuni elementi che devono essere costanti, come la brand awareness, cioè la capacità del cliente di immedesimarsi e la riconoscibilità del marchio, con tutta la sua portata valoriale, da non contraddire mai (leggi anche qui) .
Un esempio italiano
Un esempio recente è nel programma “Linea Verde Radici” condotto dall’autore e presentatore Federico Quaranta. L’inserimento del motivo del postino che esplora i piccoli borghi è nato dalla collaborazione tra il settore Pubblicità Gruppo Poste Italiane e Rai Pubblicità.
La campagna fatta da Rai è stata valutata con un sondaggio. “Il 94% degli intervistati ha dichiarato di aver gradito la collaborazione tra programma e brand, l’86% che ha fatto conoscere meglio il brand, il 78% che ha reso il brand più familiare e il 55% ha migliorato l’opinione personale legata al brand, per il 79% è al passo con i tempi.”
Risultati valutati
Quali sono i risultati? Secondo una recente indagine i contenuti brandizzati sono ritenuti meno invasivi della classica pubblicità, e pur se riconoscibili, si apprezzano come entertainment.
La cosa è ancor più lampante nel web, dove da tempo è il calo il classico “display ADV“, sostituito invece da branded content brevi e memorizzabili. L’efficacia è stata misurata anche con un visibile aumento del tempo di scrolling e di lettura dei contenuti online.
Come produrli?
In classici spot, articoli, video, guest post nei blog. Per chi vuole investire di più, in trasmissioni televisive, eventi live, video di infotainment e brand journalism, un tipo di giornalismo aziendale fatto secondo tutti i crismi ma con il punto di vista e i valori del brand. Assoluta professionalità per il messaggio più consono al marchio. Perché non intevestire nel Branded Content allora? Guardate nel nostro Portfolio i nostri servizi.
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Alla prossima storia!
Perché brand e aziende dovrebbero comunicare sui social?
Quello dei social networks è il nostro mondo. Un mondo alternativo ma ormai non più virtuale. Il mondo in cui si riversa la comunicazione globale, la pubblicità, le utilities che prima erano “analogiche”, i legami sociali. Il social è la nuova piazza, è chi non c’è, è purtroppo invisibile.
Ecco perché brand e aziende devono assolutamente comunicare i propri valori sui social networks.
Sprout Social ha analizzato le ragioni che spingono i clienti a seguire le aziende sui social, stilando l’Andice annuale 2020 con strumenti “analytics” utilizzati da oltre 23mila agenzie e brand a livello globale.
I risultati dell’analisi sono interessanti e fanno capire quanto sia utile per i Brand investire sulla comunicazione tramite social networks.
Come si comportano i Clienti sui social?
C’è un bel gruppone di follower e fan che diventano clienti, oltre che di clienti che diventano fan. Infatti secondo l’indagine l’84% degli utenti preferisce acquistare i prodotti dei brand che segue sui social network rispetto a quelli “sconosciuti”; il 75% dei consumatori ha intenzione di aumentare la propria spesa proprio dei prodotti dei brand che segue.
I clienti cercano informazioni molto precise nelle pagine social che seguono: quelle su nuovi prodotti o servizi (il 57%) e sulle ultime novità aziendali (il 47%). Poi c’è un 40% di intervistati che dichiara di cercare semplicemente sconti e di intrattenersi. Informazioni interessanti per i brand.
Quali social vanno forte?
Naturalmente, anche causa lockdown, tutti siamo stati più online negli ultimi sei mesi.
Facebook ha la medaglia del social più seguito: il 68% dei consumatori e il 74% dei marketer ha intenzione di investirci più tempo nei prossimi mesi.
Interessante la crescita di YouTube e Instagram tra i giovani, l’87% e l’85% rispettivamente dei ragazzi usa e userà sempre di più questi due social in futuro. Target ben individuabili per alcuni fortunati marchi.
Quali formati sono più accattivanti?
Inutile dire che immagini e video sono i contenuti più visti, secondo l’intervista, con il 68% e il 50% dei voti rispettivamente.
Le Stories, presenti in Instagram e meno capillari negli altri social, “acchiappano” solo il 26% degli intervistati. Apparentemente coinvolgono più i giovani e meno gli adulti. Il vecchio e caro contenuto testuale si posiziona al 30% mentre i semplici post sono al 26%.
I video in live, invece, così usati dai liberi professionisti e giornalisti durante il lockdown, sono solo al 22% delle preferenze. Una modalità “anfibia” che vuole sostituire le vecchie trasmissioni televisive sfruttando la mancanza di intermediarietà, ma che deve anche avere forme professionali per funzionare. Ancora un “NI” per questo formato.
Gli obiettivi delle aziende sui social network
I social network evidentemente sono sempre più pervasivi e le aziende possono sfruttarli per far crescere incredibilmente il proprio business anche online.
Quali sono gli obiettivi dei brand che sempre più comunicano sui social networks? In primis la crescita della propria brand awareness attraverso il proprio target di riferimento, per il 69% dei professionisti intervistati.
Rispondono poi di puntare alla crescita del traffico al sito (il 52%) e all’aumento dell’audience (il 46%).
E’ importante però, come scrivevamo anche nello scorso articolo, mantenere la fiducia conquistata con l’inbound marketing, visto che secondo l’analisi tra le maggiori motivazioni di abbandono c’è la carenza nel customer care (per il 49%) e la bassa qualità del prodotto.
Come funziona l’influencer marketing?
I Social Media hanno stravolto il modo di far qualsiasi tipo di comunicazione – istituzionale, aziendale, politica – e naturalmente anche quella pubblicitaria. Le reti sociali portano online l’autenticità della vita (almeno quella percepita). La curiosità del fruitore e il narcisismo “buono” del comunicatore fanno in modo che i messaggi arrivino anche nei tempi morti, in quelli cioè in cui non avremmo guardato tv, ascoltato radio o sfogliato giornali.
Instagram, YouTube, Facebook, Pinterest e Twitter sono i nuovi canali pubblicitari in cui ogni messaggio può influenzare, oppure in cui una pioggia di messaggi può lasciare indifferenti.
Cos’è l’inbound marketing?
A differenza del tradizionale outbound marketing (l’azienda manda un messaggio destinato al target), questo tipo di marketing tende a farsi trovare dall’utente interessato, attraverso campagne mirate, uso di parole chiave, content marketing, tracciamento e reportistica. Il cliente ideale rintracciato con tutti i mezzi dei social network e di internet va portato così a una call-to-action (CTA), un invito a compiere un’azione che solitamente è di acquisto, ma ancor prima è il semplice “click“.
E ora andiamo a parlare di uno dei “lavori” di maggior successo che gli studiosi di marketing di 20 anni fa non avrebbero mai immaginato: l’influencer.
Come funziona l’Influencer Marketing?
Va così: una persona di particolare carisma o dalla grande massa di “seguaci” (follower) condivide la sua storia quotidiana nei canali sociali. Le storie, banali racconti di vita, eppure quanto più possibili originali, incuriosiscono da sempre. Nelle storie si inseriscono gli Ads, e gli osservatori navigando anche superficialmente lasciano la propria User Experience (UX), ovvero il tracciamento delle proprie preferenze.
Con la UX il semplice osservatore diventa Persona: uno “user” targetizzato, ancor di più rispetto alla precedente pubblicità tradizionale, perchè di lui si conoscono abitudini, ideali, interessi.
I messaggi veicolati in questo modo tramite influencer più o meno famosi rischiano di annoiare e di disinnamorare se lo user ha l’impressione di mancanza di autenticità.
E’ per questo i messaggi veicolati in questo modo hanno bisogno di: storytelling, normalità, stile adatto (“tone of voice“), interazione e ispirazione. Cioè: il marketing serve a vendere, ma non a “vendere fumo”.
Una buona brand reputation nasce dalla qualità, dal contenuto e dallo stile con cui lo si racconta. Una buona dose di normalità, piuttosto che di spettacolarizzazione, della vita dell’influencer, aiuterà la nascita dell’empatia da parte del target. Inoltre, l’onestà nel distinguere i messaggi informativi da quelli meramente pubblicitari con dei hashtag adeguati (come #ad), paga altrettanto. I social come Instagram e Facebook hanno una precisa regolamentazione dei contenuti sponsorizzati.
Ed ecco il primo miracolo: l’engagement, in italiano la fidelizzazione. Un cliente fidelizzato è un cliente contento, una Persona (cliente ideale) che si riconosce nei valori del brand e che è predisposto a diventare follower (il passo sucessivo). Il follower è il seguace che dà valore visibile, cioè monetizza, la potenzialità dell’influencer rispetto all’azienda “inserzionista” (si diceva una volta!). E i followers si stringono in community, che possono essere i blog, i gruppi, le liste o tutto insieme, che sono canali da valorizzare in modo altrettanto consueto.
La Persona poi può diventare “reading Persona” o “buying Persona“, a seconda che si fidelizzi a una rivista o a un blog o che acquisti il prodotto.
Ma soprattutto l’obiettivo dell’inbound marketing è quello di non deludere mai le Personas, di non perdere l’autorevolezza con messaggi fuori target, incoerenti con il brand, o palesemente falsati. Ecco che la serietà manterrà alta la vostra reputazione.
I video sui Social Network
C’era una volta la televisione …
Si, potrebbe iniziare proprio così l’inizio della storia che vi sto per raccontare. Già, il mondo della TV, che conta milioni di spettatori ogni giorno, suddivisi per i vari canali, oggi ha un concorrente che numeri alla mano lo spazzano via … si, stiamo parlando del mondo dei video on-line ed in particolar modo di Youtube.
Youtube è nato da un’idea di Chad Hurley, Steve Chen e Jawed Karim nel 2005. Essi erano tre dipendenti di PayPal che volevano creare una piattaforma dove gli utenti potevano pubblicare e condividere video clip. Come startup, YouTube ha attirato utenti e finanziamenti abbastanza rapidamente ed è stato comprato da Google circa un anno e mezzo dopo (novembre 2006) che è stato lanciato per 1,65 miliardi di dollari. Da allora è stata un’ascesa senza precedenti …
- Già a maggio 2010, YouTube ha servito più di 2 miliardi di visualizzazioni al giorno.
- A marzo 2013, YouTube vedeva ora 1 miliardo di utenti attivi al mese.
- La piattaforma ha oltre 1,9 miliardi di utenti registrati mensilmente.
- 6 persone su 10 preferiscono le piattaforme video online alla TV in diretta.
- Entro il 2025, la metà degli spettatori sotto i 32 anni non si abbonerà a un servizio di pay-TV.
- In un mese medio, 8 su 10 persone di 18-49 anni guardano YouTube.
- Nel 2015, le persone tra 18 e 49 anni hanno speso il 4% in meno di tempo a guardare la TV, mentre il tempo su YouTube è aumentato del 74%.
- Solo sullo smartphone, YouTube raggiunge più di 18-49 anni di qualsiasi trasmissione o rete televisiva a cavo.
- 400 ore di video vengono caricati su YouTube ogni minuto e 576.000 ore al giorno.
- Guardiamo oltre 1 miliardo di ore di video di YouTube al giorno, più di Netflix e video di Facebook messi insieme.
- Il 70% delle visualizzazioni di YouTube proviene da dispositivi mobili e la sessione media di visualizzazione mobile dura in media più di 40 minuti.
- Il video con il maggior numero di visualizzazioni è attualmente il video musicale per ‘Despacito’ di Luis Fonsi e Daddy Yankee. Ha oltre 5,87 miliardi di visualizzazioni.
- Ogni giorno si registrano 4.950.000.000 visualizzazioni su YouTube.
- Il 9% delle piccole imprese statunitensi utilizza Youtube.
Se non vi bastano questi numeri, i video sul internet si vedono anche su altri Social come su Facebook (peraltro l’unico social che permette di caricare video lunghi, fino a 120 minuti), su Twitter e su Pinterest, ma soprattutto su Vimeo che è un social di condivisione Video professionale ed infine, ma non per ultimo su Instagram che dal 2018 ha lanciato anche una nuova app, ovvero IGTV, ovvero una nuova piattaforma per pubblicare video lunghi fino a un’ora, registrati con il cellulare in verticale.
Quindi è vero che Youtube la fa da padrone nel mondo video, ma anche altri competitor si fanno strada e soprattutto la gente guarda sempre più contenuti video on-line … eh, si c’era una volta la televisione.