Scopri le tendenze nel settore video social marketing
I social network si evolvono seguendo le novità, oppure lanciando nuove mode. Se l’usabilità è alta, questi cambiamenti fanno breccia nel cuore degli user. Infatti così è stato per le ultime novità in campo video, un utile mezzo per far breccia nel cuore dei clienti. Dovete saperlo, perché cavalcando queste tendenze, il vostro video sarà certamente interessante e accattivante. Volete conoscere queste novità? Eccole!
Video Verticale
Abbiamo sempre il cellulare alla mano. Secondo una recente indagine nel 2019 oltre il 75% dei contenuti video è stato visualizzato su uno smartphone. Per comodità e per il fatto che generalmente non vengono montati prima di essere condivisi, la maggior parte dei video da smartphone verso social network sono girati verticalmente. Dunque, anche chi produce contenuti per i clienti che vogliono interagire con gli utenti finali, in un modo (apparentemente) senza filtri, ha iniziato a girarli direttamente in verticale.
I marchi usano stories e video verticali da diffondere su Facebook, Instagram, Snapchat. IGTV di Instagram è dedicata ai video verticali di lunga durata.
I video in formato 9:16 sono concentrati in un piccolo spazio e non lasciano fuggire l’attenzione. Seppur con minor “panoramica” si adattano bene ad un messaggio promozionale diretto e immediato.
Largo alle proposte, quindi, siamo tutti orecchi!
Video live
Pandemia, simultaneità, assenza di barriere e limitazione degli intervalli spazio-temporali. Per forza o per amore lo abbiamo sperimentato tutti, da marzo 2020, cioè dallo scoppio della pandemia di covid-19 in Italia che ha portato a lock-down totali o parziali. Con un cambiamento – che non sembra temporaneo – delle nostre abitudini, negli spostamenti, nel lavoro, nella compagnia.
I video live sono stati un mezzo per essere sempre presenti nei social degli utenti. Usati da formatori, giornalisti, blogger, marchi, intellettuali, aziende. Sempre di più, in tutte le piattaforme.
Se ne parlava da tempo, della sostituzione delle news 24 e delle tv da parte dei social networks, ma il covid-19 lo ha reso realtà in poco tempo. Inoltre gli algoritmi dei social media danno la priorità agli eventi in tempo reale, quindi quella del live può essere la scelta vincente.
Maggiori interazioni, possibilità di commentare da parte degli user, maggiore visibilità, possibilità di registrare il video e lasciarlo online come archivio. Questi solo alcuni dei lati che piacciono al pubblico.
Video silenziosi
Come spiegavo in un altro articolo (leggilo qui), il buon video deve essere comprensibile anche senza audio. Questo perché in primis Facebook, e poi Youtube, hanno lanciato la riproduzione automatica o l’anteprima silenziosa. Secondo Verizon Media il 92% delle persone guarda video con l’audio disattivato negli smartphone. Immaginiamo, poiché lo fa generalmente mentre fa qualcos’altro o è in compagnia.
Privacy e simultaneità, entrambi argomenti caldi al giorno d’oggi.
Video lunghi
Contro ogni previsione si stanno facendo largo i video lunghi. In internet questo termine si adatta ai video che durano dai 10 ai 30 minuti al massimo. Contando che generalmente un contenuto di video-marketing era lungo un minuto, è davvero una novità che ci lascia spiazzati.
Questo, io lo interpreto come una prova che internet e i social stanno sostituendo completamente altri media tradizionali di approfondimento, come tv e giornali. Naturalmente per la facoltà di utilizzo e la possibilità di personalizzazione di tempi e modi dell’utenza.
E, contro ogni previsione, la dimostrazione che vi si possano diffondere contenuti approfonditi, garantiti e vagliati da giornalisti e professionisti della comunicazione. Magari informativi, educativi, sociali.
Realtà virtuale
VR o Virtual Reality. Le applicazioni di VR si moltiplicano nel gioco e nell’apprendimento, ma anche in alcuni settori come l’ingegneria, la museologia o la chirurgia. L’educazione scolastica la prende sempre più in considerazione, anche e soprattutto di questi tempi di pandemia e didattica a distanza.
Non è detto che farà sempre più parte della nostra vita e che il video non possa integrarla in vari modi e per varie finalità. Anche pubblicitarie.
Cinemagraph
Una vera novità sono queste fotografie in cui una parte si muove percettibilmente, attraverso una porzione di video montata sulla foto o gift. Il tutto ad alta risoluzione. L’effetto è davvero straniante, come una animazione all’interno di una foto o un’illusione ottica. Il movimento è dato da un loop che lascia interdetti e rapiti.
Fate una ricerca online se non ci credete!
Infatti alcuni marchi d’avanguardia come Netflix hanno usato i Cinemagraphs come contenuti visivi in grado di coinvolgere più di qualsiasi annuncio pubblicitario.
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Perché il branded content renderà il vostro marchio indimenticabile
Branded content: cos’è?
E’ un’informazione pubblicitaria di nuova generazione, in poche parole un contenuto sponsorizzato “che non si vede” e incuriosisce, E’ un messaggio che intrattiene e piace. E’ il braccio destro dello storytelling (di cui abbiamo già detto qui) e vi spieghiamo perché.
Nasce dalla necessità di avvicinare il marchio al pubblico, attraverso una comunicazione nuova dei valori e uno storytelling, al limite tra l’intrattenimento e l’informazione.
Il contenuto di brand è poco legato al fattore continuità. In un certo senso si distingue dal content marketing che è una vera e propria strategia che l’azienda può mettere in campo a lungo termine.
Ecco perché, questi contenuti sponsorizzati, ma finemente inclusi nella storia, possono comparire a puntate, all’interno di uno specifico lancio o iniziativa di brand. Ecco perché a volte fanno parte di campagne sociali o particolari call temporanee, ma dalla grande risonanza.
Il fattore continuità pesa invece in alcuni elementi che devono essere costanti, come la brand awareness, cioè la capacità del cliente di immedesimarsi e la riconoscibilità del marchio, con tutta la sua portata valoriale, da non contraddire mai (leggi anche qui) .
Un esempio italiano
Un esempio recente è nel programma “Linea Verde Radici” condotto dall’autore e presentatore Federico Quaranta. L’inserimento del motivo del postino che esplora i piccoli borghi è nato dalla collaborazione tra il settore Pubblicità Gruppo Poste Italiane e Rai Pubblicità.
La campagna fatta da Rai è stata valutata con un sondaggio. “Il 94% degli intervistati ha dichiarato di aver gradito la collaborazione tra programma e brand, l’86% che ha fatto conoscere meglio il brand, il 78% che ha reso il brand più familiare e il 55% ha migliorato l’opinione personale legata al brand, per il 79% è al passo con i tempi.”
Risultati valutati
Quali sono i risultati? Secondo una recente indagine i contenuti brandizzati sono ritenuti meno invasivi della classica pubblicità, e pur se riconoscibili, si apprezzano come entertainment.
La cosa è ancor più lampante nel web, dove da tempo è il calo il classico “display ADV“, sostituito invece da branded content brevi e memorizzabili. L’efficacia è stata misurata anche con un visibile aumento del tempo di scrolling e di lettura dei contenuti online.
Come produrli?
In classici spot, articoli, video, guest post nei blog. Per chi vuole investire di più, in trasmissioni televisive, eventi live, video di infotainment e brand journalism, un tipo di giornalismo aziendale fatto secondo tutti i crismi ma con il punto di vista e i valori del brand. Assoluta professionalità per il messaggio più consono al marchio. Perché non intevestire nel Branded Content allora? Guardate nel nostro Portfolio i nostri servizi.
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Alla prossima storia!
Perché brand e aziende dovrebbero comunicare sui social?
Quello dei social networks è il nostro mondo. Un mondo alternativo ma ormai non più virtuale. Il mondo in cui si riversa la comunicazione globale, la pubblicità, le utilities che prima erano “analogiche”, i legami sociali. Il social è la nuova piazza, è chi non c’è, è purtroppo invisibile.
Ecco perché brand e aziende devono assolutamente comunicare i propri valori sui social networks.
Sprout Social ha analizzato le ragioni che spingono i clienti a seguire le aziende sui social, stilando l’Andice annuale 2020 con strumenti “analytics” utilizzati da oltre 23mila agenzie e brand a livello globale.
I risultati dell’analisi sono interessanti e fanno capire quanto sia utile per i Brand investire sulla comunicazione tramite social networks.
Come si comportano i Clienti sui social?
C’è un bel gruppone di follower e fan che diventano clienti, oltre che di clienti che diventano fan. Infatti secondo l’indagine l’84% degli utenti preferisce acquistare i prodotti dei brand che segue sui social network rispetto a quelli “sconosciuti”; il 75% dei consumatori ha intenzione di aumentare la propria spesa proprio dei prodotti dei brand che segue.
I clienti cercano informazioni molto precise nelle pagine social che seguono: quelle su nuovi prodotti o servizi (il 57%) e sulle ultime novità aziendali (il 47%). Poi c’è un 40% di intervistati che dichiara di cercare semplicemente sconti e di intrattenersi. Informazioni interessanti per i brand.
Quali social vanno forte?
Naturalmente, anche causa lockdown, tutti siamo stati più online negli ultimi sei mesi.
Facebook ha la medaglia del social più seguito: il 68% dei consumatori e il 74% dei marketer ha intenzione di investirci più tempo nei prossimi mesi.
Interessante la crescita di YouTube e Instagram tra i giovani, l’87% e l’85% rispettivamente dei ragazzi usa e userà sempre di più questi due social in futuro. Target ben individuabili per alcuni fortunati marchi.
Quali formati sono più accattivanti?
Inutile dire che immagini e video sono i contenuti più visti, secondo l’intervista, con il 68% e il 50% dei voti rispettivamente.
Le Stories, presenti in Instagram e meno capillari negli altri social, “acchiappano” solo il 26% degli intervistati. Apparentemente coinvolgono più i giovani e meno gli adulti. Il vecchio e caro contenuto testuale si posiziona al 30% mentre i semplici post sono al 26%.
I video in live, invece, così usati dai liberi professionisti e giornalisti durante il lockdown, sono solo al 22% delle preferenze. Una modalità “anfibia” che vuole sostituire le vecchie trasmissioni televisive sfruttando la mancanza di intermediarietà, ma che deve anche avere forme professionali per funzionare. Ancora un “NI” per questo formato.
Gli obiettivi delle aziende sui social network
I social network evidentemente sono sempre più pervasivi e le aziende possono sfruttarli per far crescere incredibilmente il proprio business anche online.
Quali sono gli obiettivi dei brand che sempre più comunicano sui social networks? In primis la crescita della propria brand awareness attraverso il proprio target di riferimento, per il 69% dei professionisti intervistati.
Rispondono poi di puntare alla crescita del traffico al sito (il 52%) e all’aumento dell’audience (il 46%).
E’ importante però, come scrivevamo anche nello scorso articolo, mantenere la fiducia conquistata con l’inbound marketing, visto che secondo l’analisi tra le maggiori motivazioni di abbandono c’è la carenza nel customer care (per il 49%) e la bassa qualità del prodotto.
Come funziona l’influencer marketing?
I Social Media hanno stravolto il modo di far qualsiasi tipo di comunicazione – istituzionale, aziendale, politica – e naturalmente anche quella pubblicitaria. Le reti sociali portano online l’autenticità della vita (almeno quella percepita). La curiosità del fruitore e il narcisismo “buono” del comunicatore fanno in modo che i messaggi arrivino anche nei tempi morti, in quelli cioè in cui non avremmo guardato tv, ascoltato radio o sfogliato giornali.
Instagram, YouTube, Facebook, Pinterest e Twitter sono i nuovi canali pubblicitari in cui ogni messaggio può influenzare, oppure in cui una pioggia di messaggi può lasciare indifferenti.
Cos’è l’inbound marketing?
A differenza del tradizionale outbound marketing (l’azienda manda un messaggio destinato al target), questo tipo di marketing tende a farsi trovare dall’utente interessato, attraverso campagne mirate, uso di parole chiave, content marketing, tracciamento e reportistica. Il cliente ideale rintracciato con tutti i mezzi dei social network e di internet va portato così a una call-to-action (CTA), un invito a compiere un’azione che solitamente è di acquisto, ma ancor prima è il semplice “click“.
E ora andiamo a parlare di uno dei “lavori” di maggior successo che gli studiosi di marketing di 20 anni fa non avrebbero mai immaginato: l’influencer.
Come funziona l’Influencer Marketing?
Va così: una persona di particolare carisma o dalla grande massa di “seguaci” (follower) condivide la sua storia quotidiana nei canali sociali. Le storie, banali racconti di vita, eppure quanto più possibili originali, incuriosiscono da sempre. Nelle storie si inseriscono gli Ads, e gli osservatori navigando anche superficialmente lasciano la propria User Experience (UX), ovvero il tracciamento delle proprie preferenze.
Con la UX il semplice osservatore diventa Persona: uno “user” targetizzato, ancor di più rispetto alla precedente pubblicità tradizionale, perchè di lui si conoscono abitudini, ideali, interessi.
I messaggi veicolati in questo modo tramite influencer più o meno famosi rischiano di annoiare e di disinnamorare se lo user ha l’impressione di mancanza di autenticità.
E’ per questo i messaggi veicolati in questo modo hanno bisogno di: storytelling, normalità, stile adatto (“tone of voice“), interazione e ispirazione. Cioè: il marketing serve a vendere, ma non a “vendere fumo”.
Una buona brand reputation nasce dalla qualità, dal contenuto e dallo stile con cui lo si racconta. Una buona dose di normalità, piuttosto che di spettacolarizzazione, della vita dell’influencer, aiuterà la nascita dell’empatia da parte del target. Inoltre, l’onestà nel distinguere i messaggi informativi da quelli meramente pubblicitari con dei hashtag adeguati (come #ad), paga altrettanto. I social come Instagram e Facebook hanno una precisa regolamentazione dei contenuti sponsorizzati.
Ed ecco il primo miracolo: l’engagement, in italiano la fidelizzazione. Un cliente fidelizzato è un cliente contento, una Persona (cliente ideale) che si riconosce nei valori del brand e che è predisposto a diventare follower (il passo sucessivo). Il follower è il seguace che dà valore visibile, cioè monetizza, la potenzialità dell’influencer rispetto all’azienda “inserzionista” (si diceva una volta!). E i followers si stringono in community, che possono essere i blog, i gruppi, le liste o tutto insieme, che sono canali da valorizzare in modo altrettanto consueto.
La Persona poi può diventare “reading Persona” o “buying Persona“, a seconda che si fidelizzi a una rivista o a un blog o che acquisti il prodotto.
Ma soprattutto l’obiettivo dell’inbound marketing è quello di non deludere mai le Personas, di non perdere l’autorevolezza con messaggi fuori target, incoerenti con il brand, o palesemente falsati. Ecco che la serietà manterrà alta la vostra reputazione.
Storie e leggende delle Dolomiti
Ci sono grandi classici della cultura dolomitica, mai superati, che consentono attraverso l’etnografia e il folklore, di capire le tradizioni della Val di Fassa e delle altre valli dolomitiche.
Come “I monti pallidi. Storie e leggende delle Dolomiti” di Carlo Felice Wollf, giunto ormai a centinaia di edizioni e traduzioni.
Una pietra miliare, una accolta di saghe e leggende della montagna da tenere sempre in biblioteca.
Carlo Felice Wolff era studioso di storia, etnologia, filologia, bolzanino autodidatta, pangermanista. Un personaggio geniale, esperto di popolazioni reto – romaniche. Naturalmente curioso, a metà tra un ricercatore e un giornalista d’assalto, cominciò a interrogare la popolazione di Fiemme e Fassa sulle leggende locali. Tra cameriere e allevatori venne fuori un’intera cultura popolare che nutriva la vita di tutti i giorni, tra convenzioni famigliari, religiose, lavorative.
Da una cameriera della val di Fiemme ascoltò leggende delle valli e inziò i suoi pellegrinaggi, conoscendo i vari dialetti, le abitudini, i riti e le figure arcaiche delle valli.
Dai pastori in transumanza, curiosi di tanta solerzia ma naturalmente sospettosi, conobbe varianti e dettagli delle storie più note.
Le sue raccolte di leggende divennero nutrite. Il primo libro, illustrato dal fratello Richard, fu pubblicato nel 1913 con il titolo tedesco di “Dolomiten-Sagen“.
Queste ricerche valsero a Wolff la medaglia d’onore Excellentis in litteris dell’Università di Innsbruck e il premio letterario Walther von der Vogelweide.
Wolff è inoltre l’autore della rielaborazione romanzata della storia de “Il regno dei Fanes”, le cui fonti solo orali erano frammentate, leggenda che rientra nelle saghe dell’Alto Adige di cui la popolazione dei Fanes è protagonista.
Ogni visitatore della Val di Fassa sentirà parlare di laghi arcobaleno, re delle cime, nani, salvani e vivane, bregostane e strìe, come personaggi che popolano le sue passeggiate in boschi e sentieri.
Le leggende delle Dolomiti non sono solo un elemento folklorico che rimane nella vita “moderna”, ma una presenza tangibile nella vita quotidiana. I vecchi delle valli le conoscono e continuano a crederci tra scherzo e scaramanzia, quando guardano le cime, quando ti spiegano i fenomeni meteorologici, quando mescolano tradizione e religiosità cattolica.
Lo scopriremo presto in una delle prossime interviste, in cui andremo a conoscere il cuore della tradizione artistica e folklorica ladina.
Dolomiti, Patrimonio Mondiale dell’Umanità
Le Dolomiti sono state riconosciute “Patrimonio Mondiale” nel 2009 per il loro valore estetico e paesaggistico e per l’importanza scientifica a livello geologico e geomorfologico. Con una speciale Convenzione datata 1972, l’UNESCO, infatti, ha riconosciuto degni di protezione ad oggi 1092 siti, di cui 845 beni culturali, 209 naturali e 38 misti, in 167 Paesi del mondo.
Per conoscere meglio le Dolomiti bisogna sapere che si tratta di 9 sistemi montuosi per un totale di 142mila ettari, ripartiti in 5 province, che dialogano tra loro grazie alla Fondazione Dolomiti Unesco.
La gestione è interregionale e riguarda il patrimonio geologico-paesaggistico e delle aree protette, la promozione del turismo sostenibile, la formazione e ricerca scientifica e sviluppo, il turismo sostenibile e la mobilità.
I 9 sistemi Dolomitici
– Pelmo, Croda da Lago, che si estende lungo una direzione nord-ovest/sud-est compresa tra la Valle del Boite a est, la Val di Zoldo e la Val Fiorentina a sud, la Val Codalonga a ovest e la Val Costeana a nord.
– Marmolada, separato dal Sella dalle valli del Cordevole e dell’Avisio e chiuso a sud dal torrente Biois e dal Rio San Pellegrino, continua verso ovest con la Cima di Costabella, il gruppo dei Monzoni e il Monte Vallaccia.
– Pale di San Martino San Lucano, Dolomiti Bellunesi, Vette Feltrine: delimitato a sud-est dalla Valle del Piave, a ovest dalla Val Cismon, a nord dalle valli del Trevignolo, del Biois e dalla Valle Agordina e a nord-est dalla Val Zoldana.
–Dolomiti Friulane e d’Oltre Piave: racchiuso tra il Piave, l’alto corso del Tagliamento, la Val Tramontina e la Val Cellina.
– Dolomiti settentrionali, tra le valli Pusteria, Sesto, Badia, dalla valle di San Cassiano e dalle valli del Boite e del Piave, sono suddivise in quattro aree principali: le Dolomiti di Sesto-Cadini, i gruppi di Braies-Senes-Fanes con le Tofane, il Cristallo e le Dolomiti Cadorine.
–Puez-Odle, in provincia di Bolzano, chiuso tra la Val di Funes a nord, la Val Badia a est e la Val Gardena a sud.
– Sciliar-Catinaccio, Latemar: lo Sciliar tra Fiè-Siusi, la Val d’Isarco, l’Alpe di Siusi e la Val Gardena; il Catinaccio tra Carezza, Alpe Tires e Val di Fassa; il Latemar tra le valli di Fiemme e Fassa e la Val d’Ega.
– Bletterbach: una stretta gola compresa tra i territori dei comuni di Aldino e Redagno, il Monte Pausabella/Schönrast e il Passo degli Oclini, dominato dalla cima del Corno Bianco/Weisshorn (2.317 m).
– Brenta: staccata dalle altre Dolomiti come un’isola occidentale, con i suoi 11.135 ettari, è delimitata a ovest dalle valli Giudicarie, a est dalla Val di Non e a nord dalla Val di Sole.
Sono nove sistemi tra di loro diversi ma interconnessi, dalla medesima storia, dalla stessa bellezza.
Il bene Dolomiti UNESCO appartiene a tutti: a chi ci è nato, a chi le studia, a chi le ammira, a chi le raggiunge per le vacanze, a chi ancora deve scoprirle.
Vi ricordiamo il sito ufficiale del Dolomiti Unesco: www.dolomitiunesco.info
La poesia dello Storytelling
Raccontare l’emozione.
L’esperienza.
La personalità.
Non solo di un interprete, ma di un marchio, un luogo, un prodotto.
Si tratta di pubblicità e influenza sociale, ma più che altro della creazione di un immaginario. Veritiero, che piaccia, che comunichi. Che non dia l’impressione di falsità, ma di autenticità.
Lo storytelling è l’arte del raccontare storie impiegata come strategia di comunicazione persuasiva, specie in ambito politico, economico ed aziendale.
Ecco alcuni punti per uno storytelling infallibile
Narrazione
La sequenzialità narrativa, la riconoscibilità in un genere, l’emozionalità, la verosimiglianza sono caratteristiche da sempre proprie della scrittura creativa. Raccontare storie è uno dei bisogni primari dell’uomo, che svolte le attività della nutrizione e della procreazione, non a caso iniziò a dipingere scene di vita sulle pareti delle caverne!
Tutti condividiamo storie, le comprendiamo, attraverso parole e immagini.
Portano con sé morali, insegnamenti, messaggi, esempi umani.
La sorpresa, l’antagonista, il lieto fine… tutti elementi tipici della fiaba (cf.r Propp) ci terranno in sospeso.
La sequenzialità logica, variata in più modi attraverso il montaggio, ci farà ricordare la storia e i suoi personaggi.
Emotività
Le prime pubblicità di fine ‘800 toccavano la razionalità, spiegando bene tutte le caratteristiche di un prodotto: “la brillantina Tal-dei-tali nutre il capello grazie ai suoi componenti, va usata così e così…”
A un certo punto un personaggio famoso per la sua calvizie cominciò a dire “Non ho mai usato la brillantina Ninetti”.
Cominciarono a comparire personaggi che vivevano grandi avventure: la Maria Rosa, La Carmencita, L’uomo in ammollo, Calimero… E questi erano i primi protagonisti dello storytelling pubblicitario.
Più recentemente ci si è spostati verso i valori percepiti e in tempi più recenti verso la riconoscibilità unica del marchio. Oggi l’emozione è la principale leva che si usa per comunicare marchi e personalità, immediata e immediatamente condivisibile grazie ai social networks.
Persuasione
Riconoscere il giusto target per persuaderlo, usare la fascinazione, l’immaginario condiviso dal pubblico, sedurlo. Il messaggio deve anche portare a una “call to action”, deve cioè deve far cambiare opinione, portare all’acquisto, commuovere, insomma farlo agire. Per questo obiettivo, la ricerca di contenuti empatici è molto importante.
Relazione
Lo storytelling si prefigge di costruire una vera e propria “relazione d’amore” tra l’autore e il fruitore: se si racconta bene, emotivamente, creativamente, in modo calzante, il pubblico resterà affascinato e fidelizzato. La brand identity deve essere costante, c’è una personalità ben definita dietro al messaggio che i lettori o gli spettatori riconosceranno.
Memorabilità
Cosa serve per restare impressi nella memoria? Ma certo! L’idea!
L’idea geniale o comunque originale è roba da creativi. Maggior cultura, relazioni, influenze, spunti si hanno, miglior idee verranno in mente. Ma a volte la semplice autenticità paga molto di più di tanti garbugli.
Il collegamento inaspettato, il nonsense, la figura retorica originale saranno certo in grado di stupire. Lo scioglimento finale della trama farà il resto. Il messaggio sarà memorizzato e vi farà ricordare.
Focus: lo storytelling digitale
L’imprenditore digitale Joe Lambert individua alcune caratteristiche del digital storytelling:
- Punto di vista personale, spec. l’uso della prima persona
- L’inserimento di contenuti coinvolgenti e mai banali
- Emozioni per esprimere il messaggio
- Economia della narrazione
- Ritmo adeguato alle modalità narrative
- Timbro, tono, inflessione gisti della voce narrante
- Colonna sonora adeguata
Questi sono i punti per una narrazione che si serva dell’audio e del video in ambiente digitale: la velocità della fruizione del mezzo richiede un messaggio chiaro e memorabile in poco tempo, con un linguaggio chiaro e conciso, con suoni che risveglino l’emotività.
Cosa ne pensate dei nostri consigli? Siete d’accordo? Fatecelo sapere nei commenti!
Alla prossima storia!
Val di Fassa, paradiso di trekking per tutti
Gli amanti della Val di Fassa sono molti, e aumentano ogni anno.
Sapete perché? Per la gran libertà di scelta che questa location di vacanza offre. Ampia offerta enogastronomica, luoghi salutari, interni accoglienti arredati con legno di abete, terme fantastiche, folklore e attenzione alla tradizione locale. Per non parlare delle varie e divertenti attività sportive che si possono praticare in Val di Fassa, come lo sci e lo scialpinismo, la discesa con gli slittini, il trekking, l’arrampicata, la corsa in montagna, il nordic walking, kayak, il canyoning…
Un cosa che davvero tutti possono fare, dal bambino mediamente allenato alla persona anziana in salute, è camminare tra gli scenari affascinanti delle Dolomiti. Il trekking è una delle attività più complete e consente di raggiungere talvolta alte vette senza l’uso di attrezzature particolarmente tecniche.
Ecco a voi 5 itinerari di trekking che sono considerati dei grandi classici
La Val Contrin
Arriverete in una questa verde valle con il panorama indimenticabile di Colac, Gran Vernel e Marmolada e una vera malga da “nonno di Aidi”. La passeggiata durerà dalle 3 alle 4 ore per un dislivello di 630 mt.
Il Contrin è una delle Valli laterali rispetto al torrente Avisio che disegna la Val di Fassa e la congiunge con la Val di Fiemme. Si parte da Alba di Canazei, dietro alla partenza della funivia Ciampac, imboccando il sentiero in salita n 602, nel bosco, fino a Baita Locia de Contrin. Da qui un falsopiano i condurrà lungo il rio Contrin, fino al Rifugio Contrin, dove si può mangiare e prendere il sole. Nel vostro andare incontrerete asinelli e mucche: sono le stesse che producono il saporito latte della Malga Contrin, la vostra ultima tappa, dove potrete assaggiare i piatti semplici e prelibati preparati con il formaggio di malga.
La vostra vista più bella: il piccolo e il gran Vernel, la parete sud della Marmolada, Cima Ombretta e Cima Uomo.
La Val Duron
Si parte da Campitello di Fassa, salendo si costeggia il rio Duron con le sue cascate.
La prima Baita che incontrate si chiama Fraìnes, ed è un posto splendido con il suo pratone e i giochi per bambini. Sempre dritti fino a scavalcare e scendere in valle verso il Rifugio Micheluzzi(1860 mt) e poi fino al Lino Brach (1856 mt). Volendo potrete continuare fino al prossimo rifugio, Malga Miravalle (1890 mt). E’ uno dei posti davvero famosi della Val di Fassa, tanto che spesso vi si tengono i concerti de “I Suoni delle Dolomiti”.
E’ presente una bella variante a questo itinerario, il sentiero forestale in mezzo al bosco che si prende a sinistra della Fraines, che consente di avere un’ombrosa e magica ambientazione da fate e folletti.
Le Fuciade
Uno dei panorami più belli alla portata di tutti delle Dolomiti. Da Passo San Pellegrino, nei pressi del quale si parcheggia (oppure vicino l’Albergo Miralago), si inzia a percorrere una strada che da asfaltata diventa bianca. Sulla destra avrete il Col Margherita con l’impianto di risalita e man mano che procederete scoprirete tutte le Pale di San Martino e il Civetta. Fuciade è una conca, alpeggio del comune di Soraga, costellata di baite, con le creste di Costabella come ambientazione. Alla fine del primo tratto di sentiero, dopo 40 minuti di cammino, si trova il RIfugio Fuciade, famoso per la sua cucina ricercata e per la passione artistica del fondatore, fervente collezionista d’arte. Qui di certo potrete gustare i migliori sapori ladini, anche rivisitati, e rifarvi gli occhi. Si può continuare ancora per il sentiero sui pascoli, per ammirare il panorama.
E’ possibile tornare sulla stessa via oppure percorrere la variante, segnata da un piccola via erbosa, verso Baita Paradiso e i prati di Costabella, alpeggio altrettanto piacevole delle Fuciade.
La Val San Nicolò
Partendo da Pozza di Fassa, oggi Sen Jàn, con un bus che parte dal parcheggio del Camping Vidor, si scende alla alla Baita Ta Cajaa, ristoro e azienda agricola. Si cammina in falsopiano per una mezz’ora fino alla Baita Ciampiè, e poi per un’altra mezz’ora circa, tra strada e bosco fino alle stupende cascate che danno il nome all’omonima Baita. Il Col Ombert con la sua forma piramidale accompagna l’intera passeggiata. In alcuni giorni speciali di Agosto la valle viene completamente chiusa per la “festa sul monte”, la Festa ta mont, durante la quale ogni baita offre cibo, mostre e souvenir e ci si diverte a suon di musica e spettacoli. Ma in questo caso le file per salire in autobus sono quasi proibitive, e la valle ha tutto un altro sapore. Turista avvisato…
Il Lago Antermoia dalla Val Udai
Infine un percorso difficile, per camminatori allenati ed esperti.
Il lago Antermoia, incastonato nella roccia e delimitato da una vedretta di neve perenne, è uno dei più bei laghi alpini della zona. Sono molti i modi per arrivarci, uno è quello della Val Udai vicina al paese di Mazzin, un altro dalla piana del Gardeccia, attraverso il sentiero attrezzato “Le Scalette”.
Per la Val Udai invece si arriva al pratone di Camerloi, fino al Passo di Dona e al Rifugio Antermoia (2497 mt). Si prende il 584 che conduce all’azzurro Lago Antermoia con la sua vedretta e piccole spiaggette ghiaiose.
Al ritorno si percorre la stessa via, facendo attenzione al terreno e alla pendenza.
Vi sono piaciuti i nostri consigli? Fatecelo sapere nei commenti!
Alla prossima storia!