Storie e leggende delle Dolomiti
Ci sono grandi classici della cultura dolomitica, mai superati, che consentono attraverso l’etnografia e il folklore, di capire le tradizioni della Val di Fassa e delle altre valli dolomitiche.
Come “I monti pallidi. Storie e leggende delle Dolomiti” di Carlo Felice Wollf, giunto ormai a centinaia di edizioni e traduzioni.
Una pietra miliare, una accolta di saghe e leggende della montagna da tenere sempre in biblioteca.
Carlo Felice Wolff era studioso di storia, etnologia, filologia, bolzanino autodidatta, pangermanista. Un personaggio geniale, esperto di popolazioni reto – romaniche. Naturalmente curioso, a metà tra un ricercatore e un giornalista d’assalto, cominciò a interrogare la popolazione di Fiemme e Fassa sulle leggende locali. Tra cameriere e allevatori venne fuori un’intera cultura popolare che nutriva la vita di tutti i giorni, tra convenzioni famigliari, religiose, lavorative.
Da una cameriera della val di Fiemme ascoltò leggende delle valli e inziò i suoi pellegrinaggi, conoscendo i vari dialetti, le abitudini, i riti e le figure arcaiche delle valli.
Dai pastori in transumanza, curiosi di tanta solerzia ma naturalmente sospettosi, conobbe varianti e dettagli delle storie più note.
Le sue raccolte di leggende divennero nutrite. Il primo libro, illustrato dal fratello Richard, fu pubblicato nel 1913 con il titolo tedesco di “Dolomiten-Sagen“.
Queste ricerche valsero a Wolff la medaglia d’onore Excellentis in litteris dell’Università di Innsbruck e il premio letterario Walther von der Vogelweide.
Wolff è inoltre l’autore della rielaborazione romanzata della storia de “Il regno dei Fanes”, le cui fonti solo orali erano frammentate, leggenda che rientra nelle saghe dell’Alto Adige di cui la popolazione dei Fanes è protagonista.
Ogni visitatore della Val di Fassa sentirà parlare di laghi arcobaleno, re delle cime, nani, salvani e vivane, bregostane e strìe, come personaggi che popolano le sue passeggiate in boschi e sentieri.
Le leggende delle Dolomiti non sono solo un elemento folklorico che rimane nella vita “moderna”, ma una presenza tangibile nella vita quotidiana. I vecchi delle valli le conoscono e continuano a crederci tra scherzo e scaramanzia, quando guardano le cime, quando ti spiegano i fenomeni meteorologici, quando mescolano tradizione e religiosità cattolica.
Lo scopriremo presto in una delle prossime interviste, in cui andremo a conoscere il cuore della tradizione artistica e folklorica ladina.